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ANCL & "GAZZETTA DI PARMA" |
24/10/2013 |
-> SEZIONE in aggiornamento con articoli 2013/14 <- Il Consiglio ANCL di Parma, grazie all'intermediazione ed alla disponibilità del collega Pietro Boschi, pubblica settimanalmente risposte ai quesiti dei lettori della "Gazzetta di Parma" nella pagina ad essi dedicata. Di seguito alcune risposte pubblicate dalla gazzetta nel 2012.
NOVITA’ 2012 MATERIA DI LAVORO
Numerose sono le novità in materia di lavoro a partire dal 2012, sia per effetto della Legge 183 del 12 novembre 2011, c.d. legge di stabilità, sia per il recente Decreto Legge n. 5 del 9 febbraio 2012 recante disposizioni urgenti in materia di semplificazione e sviluppo. Di seguito alcune delle ritenute più importanti: - APPRENDISTATO: a partire dal 1°gennaio 2012 e fino al 31 dicembre 2016 è riconosciuto uno sgravio contributivo del 100% ai datori di lavoro, con un organico pari od inferiore alle nove unità, che assumono apprendisti. Lo sgravio è per tre anni, a prescindere dalla durata del contratto d'apprendistato (che nel settore artigiano può durare fino a cinque anni), La contribuzione a carico del lavoratore resta sempre la stessa (5,84%); - CONTRIBUZIONE PER LA GESTIONE SEPARATA INPS: dal 1°gennaio 2012 aumenta di un punto per i collaboratori coordinati e continuativi ( 27,72%) ed anche per chi è iscritto ad altra forma di gestione pensionistica e che esercita un’attività per la quale deve essere effettuato il versamento alla gestione separata (18%); - CONTRATTO A TEMPO PARZIALE: è abrogata la convalida di trasformazione dei contratti di lavoro da tempo pieno a tempo parziale presso la Direzione Provinciale del Lavoro competente. - LAVORATORI DELLO SPETTACOLO: è cancellato il libretto personale dei lavoratori dello spettacolo; - ENPALS: Il decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni con la legge 23 dicembre 2011, n. 214 (G.U. n. 300 del 27 dicembre 2011) ha previsto all’art. 21, comma 1, la soppressione dell’ENPALS a decorrere dal 1 gennaio 2012 e l’attribuzione delle relative funzioni all’INPS. In attesa dei decreti ministeriali che dovranno essere emanati entro il prossimo mese di marzo, l’ente continuerà a compiere le attività connesse con i compiti istituzionali pertanto fino a quel momento nulla cambia per i lavoratori, i pensionati e le imprese che potranno continuare a rivolgersi agli Uffici centrali e periferici dell’ENPALS. - AMMORTIZZATORI SOCIALI: sono prorogati per tutto il 2012 una serie d'ammortizzatori sociali in scadenza tra cui quelli in deroga, CIG, mobilità e disoccupazione speciale. Sono prorogati inoltre gli incentivi per le assunzioni di particolari categorie, ad esempio gli “over 50” a rischio esclusione. - MODIFICHE ALLA NORMATIVA SULLA INTERDIZIONE ANTICIPATA DAL LAVORO PER MATERNITA’: a partire dal 1° aprile 2012, la competenza al rilascio dell’autorizzazione per l’astensione anticipata dal lavoro per maternità è suddivisa tra ASL e Direzione Del Lavoro, per gravi complicanze della gravidanza all’ASL e alla Direzione Territoriale del Lavoro per gli altri casi già previsti dalla precedente normativa.
ARTICOLO 18
La legge n. 300 del 1970 è oggi sotto stretta osservazione. Tutti, dall’Europa, all’Italia, dalla politica ai sindacati nonché, ovviamente, il mondo produttivo (mercato, imprese e lavoratori), hanno visioni differenti in merito a tale normativa, soprattutto ad uno specifico dei suoi articoli: l’Articolo 18. In merito a questo famoso articolo 18 ci fu anche un referendum, nel lontano 2000, che ne proponeva l’eliminazione (il referendum non raggiunse il quorum e l’articolo venne mantenuto in vigore legale). Oggi il governo punta il dito verso l’articolo 18 asserendo che blocca non solo il mercato del lavoro e frena gli investimenti (soprattutto esteri) ma che impedisce anche l’accesso o il rientro nel mercato del lavoro di buona parte dei lavoratori. Al contrario, i sostenitori, lo considerano un baluardo intoccabile dei diritti del lavoratore, senza il quale il lavoratore sarebbe alla mercé delle aziende. Avulso da ogni commento nel merito, gli scriventi, ritengono utile rammentare quali siano i principali aspetti della problematica in discussione.
Nelle Aziende soggette a tale articolo, che di norma vengono chiamate “con più di 15 dipendenti” (ma in realtà tale numero potrebbe essere anche maggiore in base alla tipologia di lavoratori occupati e ad altri fattori), qualora il giudice ravvisasse che un lavoratore non fosse stato licenziato “correttamente” (per mancanza di giusta causa o delle corrette procedure disciplinari o per vizi di forma etc.), il dipendente avrebbe diritto (“tutela reale”): • Reintegrazione. La reintegrazione deve avvenire riammettendo il dipendente nel medesimo posto che occupava prima del licenziamento. • Indennità sostitutiva della reintegrazione. Il lavoratore che non sia interessato alla reintegrazione ha la facoltà di richiedere il pagamento di un’indennità sostitutiva, la cui corresponsione comporta la risoluzione del rapporto di lavoro. L’opzione può essere esercitata entro 30 giorni dalla comunicazione del deposito della sentenza di reintegrazione. Tale termine decorre anche se la sentenza non è definitiva e non quantifica i danni. La misura dell’indennità è fissata in una somma pari a 15 mensilità della retribuzione globale di fatto percepita dal lavoratore con riferimento temporale all’atto dell’esercizio di opzione.
• Risarcimento. Il risarcimento in aggiunta alla reintegrazione o all’indennità è commisurato alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione o del pagamento dell’indennità sostitutiva. In ogni caso non può essere inferiore a 5 mensilità.
Nel caso di aziende con “meno di 15 dipendenti”, qualora il giudice ravvisasse che un lavoratore non fosse stato licenziato “correttamente” (per mancanza di giusta causa o delle corrette procedure disciplinari o per vizi di forma etc.) il dipendente avrebbe diritto (“tutela obbligatoria”): • Riassunzione. Il licenziamento, pur invalido, determina la risoluzione del rapporto quindi la riassunzione impone la costituzione di un nuovo rapporto di lavoro. L’anzianità viene azzerata e vengono meno i diritti dipendenti dalla pregressa durata del rapporto di lavoro. Nel lasso di tempo intercorrente tra il licenziamento e la riassunzione sul datore di lavoro non grava alcuna obbligazione: pertanto la perdita della retribuzione in detto periodo non deve essere risarcita. • Indennità risarcitoria. È dovuta per il solo fatto del mancato ripristino del rapporto, indipendentemente dal soggetto e dalla ragione che lo hanno determinato. Deve essere di importo compreso tra un minimo di 2,5 e un massimo di 6 mensilità (che può essere maggiorato a seconda dell’anzianità) dell’ultima retribuzione globale di fatto. La determinazione dell’ammontare. La determinazione dell’ammontare viene effettuata dal giudice applicando alcuni criteri, tra cui le dimensioni dell’azienda (prescindendo dai dipendenti occupati), l’anzianità del servizio del lavoratore, il comportamento e le condizioni delle parti.
IL NUOVO APPRENDISTATO COME RILANCIO DELL’OCCUPAZIONE GIOVANILE
Il nuovo testo unico in vigore dal 25/10/2011, (D.Lgs.n. 167/11) ha completamente riscritto la disciplina dell’apprendistato e si pone come obiettivo quello di fornire ai giovani un canale tipico d'ingresso al mondo del lavoro e si propone, in particolare, di garantire ai lavoratori e alle imprese una maggiore agibilità dello strumento. La nuova normativa conferma le tre tipologie d'apprendistato vero e proprio e una di apprendistato atipico: 1) Apprendistato per la qualifica e il diploma professionale: ha sostituito quello relativo all’assolvimento del diritto-dovere d’istruzione pensato dal decreto Biagi che tuttavia, non è mai decollato per mancanza di regolamentazione. E’ rivolto ai giovani da 15 a 25 anni compresi con la possibilità di acquisire un titolo di studio in ambiente di lavoro ed è attivabile solo per le Regioni che avranno stipulato le necessarie intese con i Ministeri competenti, nel frattempo per gli under 18 continuerà a trovare applicazione il vecchio articolo 16 del D.lgs 196/97; 2) Apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere: viene completamente riscritto, ma si pone su una linea di continuità col precedente apprendistato professionalizzante disciplinato dalla Legge Biagi. E’ rivolto ai giovani da 18 a 29 anni compresi che potranno apprendere un mestiere o una professione in ambiente di lavoro in tutti i settori produttivi pubblici e privati. Il TU demanda alla contrattazione collettiva, oltre che la regolazione puntuale del rapporto di lavoro, anche la disciplina dei profili formativi professionalizzanti. Nei settori in cui manchi tale regolamentazione e anche i regolamenti regionali, continuerà ad applicarsi la vecchia disciplina; 3) Apprendistato per l’alta formazione e la ricerca: si pone sulla falsariga di quello disciplinato nel Decreto Biagi, rivolto ai giovani da 18 a 29 anni compresi per conseguire titoli di studio specialistici, universitari e post-universitari e per la formazione di giovani ricercatori per il settore privato, attivabile solo in presenza di regolamentazioni regionali oppure a seguito di convenzioni stipulate dai singoli datori di lavoro con le Università, gli istituti tecnici e professionali e le istituzioni formative o di ricerca, al momento l’unica possibilità che renda lo strumento immediatamente attivabile; 4) Apprendistato atipico: previsto per favorire l’occupazione di lavoratori in mobilità ai fini della loro qualificazione o riqualificazione professionale. Per le Regioni e i settori ove la nuova disciplina non sia immediatamente operativa, L’art. 7 del T.U. introduce un regime transitorio di un periodo di non oltre sei mesi dall’entrata in vigore dello stesso Decreto (in pratica fino al 25 aprile 2012), periodo durante il quale valgono le regole legislative e contrattuali precedenti.
BONUS DI 5000 EURO A CHI ASSUME GIOVANI PRECARI CON FIGLI MINORI
Con il Decreto del 19/11/2010, pubblicato in G.U. 27122010 n. 301, è stato stanziato un fondo di 51.000.000 euro per la realizzazione di interventi in favore dei giovani genitori. Il Dipartimento della Gioventù ha stipulato con l’INPS una convenzione finalizzata alla gestione della banca dati e dell’incentivo all’assunzione. Requisiti per l’iscrizione alla Banca Dati: Possono iscriversi alla banca dati coloro che possiedono alla data della presentazione della domanda tutti i seguenti requisiti: - età non superiore a 35 anni - essere genitori di figli minori-legittimi, naturali adottivi o affidatari di minori - essere titolari o cessati (in tal caso è richiesta la registrazione dello stato di disoccupazione) di/da rapporti di lavoro subordinato a tempo determinato, in somministrazione, intermittente, ripartito, contratto d'inserimento, collaborazione a progetto od occasionale, lavoro accessorio e collaborazione coordinata e continuativa Procedura d'iscrizione: I lavoratori interessati devono entrare nel sito INPS, WWW.INPS.IT alla sezione dei servizi al cittadino e procedere con l’autenticazione con il proprio PIN, richiesto secondo le indicazioni dell’istituto. Datori di lavoro beneficiari Un bonus di 5000 euro è disponibile per i datori di lavoro privati, tranne i non imprenditori, che assumono i giovani precari con figli minori, solo però in caso d'assunzione a tempo indeterminato, anche parziale, ovvero per la trasformazione a tempo indeterminato di un rapporto determinato. Condizione per l’ammissione all’incentivo E’ necessario che il lavoratore sia iscritto alla Banca dati per l’occupazione dei giovani genitori, l’assunzione non deve costituire attuazione d'obblighi di legge, il datore di lavoro non deve avere eseguito licenziamenti nei sei mesi precedenti e non deve avere in corso sospensioni per cassa integrazione, il giovane genitore non deve essere stato licenziato nei sei mesi precedenti dallo stesso datore di lavoro o impresa a lui collegata. Il beneficio può essere goduto per un massimo di 5 lavoratori, goduto nei limiti dello stanziamento previsto ed è cumulabile con altri incentivi previsti dalle norme vigenti. Considerando quindi che lo stanziamento ammonta ad euro 51.000.000, le domande autorizzate saranno circa 10.000. Modalità operative per il datore di lavoro Dopo aver compiuto l’assunzione di un lavoratore iscritto nella Banca Dati i datori di lavoro devono richiedere il relativo beneficio con modalità telematica con nuova funzionalità del Cassetto Previdenziale Aziende, denominata “istanze on-line”. L’INPS, eseguiti gli opportuni controlli autorizzerà il datore di lavoro alla fruizione del bonus sempre con modalità telematiche. Decorrenza L'utilizzo dell’incentivo decorrerà dalla data di pubblicazione di apposito avviso in Gazzetta Ufficiale, a cura dell’INPS. Ad oggi quindi non è ancora possibile effettuare né l’iscrizione in Banca Dati, né procedere alle domande di ammissione all’incentivo.
CUD CERTIFICAZIONE UNICA DEI REDDITI DA LAVORO DIPENDENTE
Entro il 28 di febbraio, i datori di lavoro rilasciano ai propri dipendenti il modello CUD. Il CUD riporta l’ammontare complessivo dei redditi di lavoro dipendente, equiparati e assimilati corrisposti nell’anno precedente e assoggettati a tassazione ordinaria, separata, a ritenuta a titolo d’imposta e a titolo d'imposta sostitutiva, le relative ritenute d'acconto operate e le detrazioni d’imposta (da lavoro dipendente e per carichi familiari). Il modello è composto di due parti: parte A relativa ai dati fiscali e una parte B riguardante i dati previdenziali. Nella prima sezione sono indicati: - le somme e i valori assoggettati a tassazione ordinaria; - i compensi con ritenuta a titolo di imposta e quelli assoggettati a imposta sostitutiva; - le somme e i valori assoggettati a tassazione separata (arretrati anni precedenti, indennità di fine rapporto e relativi acconti e anticipazioni). - gli oneri di cui si è tenuto conto (per esempio spese mediche prodotte dal lavoratore ecc.). - altri redditi corrisposti dall’eventuale precedente datore di lavoro di cui si è tenuto conto per il conguaglio di fine anno o fine rapporto; - il numero dei giorni di lavoro dipendente. Nella parte dei dati previdenziali sono riportati invece: - i dati previdenziali e assistenziali relativi alla contribuzione versata o dovuta all’INPS. - l’importo dei contributi previdenziali e assistenziali a carico del lavoratore versati e /o dovuti allo stesso ente previdenziali. Il CUD deve essere consegnato al contribuente in duplice copia anche in formato elettronico a patto che il destinatario abbia gli strumenti necessari per ricevere e stampare il modello rilasciato in via elettronica, è in ogni caso sempre il datore di lavoro che deve accertarsi che ciascun dipendente abbia ricevuto il CUD. La certificazione dei redditi corrisposti serve al contribuente per presentare la propria dichiarazione dei redditi, salvo i casi di esonero, per esempio il caso in cui il lavoratore abbia solo il reddito da lavoro dipendente e/o assimilato certificato dal datore di lavoro a condizione che questi abbia eseguito correttamente il conguaglio delle imposte, non abbia oneri da portare in deduzione e non intenda scegliere la destinazione dell’8 per mille del gettito IRPEF allo Stato oppure a un’Istituzione religiosa e del 5 per mille a associazioni non lucrative. In questi casi di esonero il contribuente deve solamente conservare il modello ricevuto. E’ invece obbligatorio presentare la dichiarazione dei redditi nel caso in cui il lavoratore abbia lavorato per più datori di lavoro durante l’anno e non abbia richiesto all’ultimo sostituto di imposta di tenerne conto.
SANTO PATRONO E RETRIBUZIONI FESTIVITA’ IN GENERE, NULLA CAMBIA
Il comma 24 dell’articolo 1 della legge 148/2011 di conversione del Decreto Legge n. 138/2011 meglio conosciuto come “manovra estiva”, ha disposto che:” a decorrere dall’anno 2012 con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da emanare entro il 30 novembre dell’anno precedente, sono stabilite annualmente le date in cui ricorrono le festività introdotte con legge dello Stato non conseguente ad accordi con la Santa Sede, e le celebrazioni nazionali e le festività dei Santi Patroni, eccetto il 25 aprile, il primo maggio, e il 2 giugno, in modo tale che, …, le stesse cadano il venerdì precedente ovvero il lunedì seguente la prima domenica immediatamente successiva ovvero coincidano con tale domenica”. Perché la normativa fosse attuata doveva essere emanato, entro il 30 novembre scorso, un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri che disciplinava specificatamente l’accorpamento delle festività previste con le giornate del venerdì o del lunedì o, addirittura, della domenica. Il decreto non è stato emanato pertanto rimanendo le festività patronali, il prossimo 13 gennaio Sant’Ilario, festività del Santo Patrono di Parma, continuerà ad essere festivo (almeno per il 2012) e retribuito secondo quanto previsto dai Contratti Collettivi nazionali applicati nelle singole aziende. A tale proposito è utile riepilogare le principali regole per quanto riguarda la retribuzione spettante ai lavoratori dipendenti durante le festività. Durante i giorni festivi (primo e 6 gennaio, lunedì dopo Pasqua, 25 aprile, primo maggio, 2 giugno, 15 agosto, 1 novembre, 8 25 e 26 dicembre), il lavoratore ha diritto alla normale retribuzione come se avesse lavorato. L’entità della retribuzione varia secondo il giorno in cui cade la festività e della modalità di pagamento della retribuzione così come di seguito specificato. Festività infrasettimanali: per i dipendenti retribuiti in misura fissa, la retribuzione mensile comprende la festività fruita, mentre per gli operai retribuiti in misura oraria la festività deve essere pagata con la retribuzione di fatto rapportata alle ore d'effettivo lavoro salvo, sia disposto diversamente dai Contratti collettivi nazionali applicati. Festività cadente di domenica: per i dipendenti retribuiti in misura fissa oltre alla normale retribuzione fissa spetta un importo aggiuntivo pari ad 1/26 della retribuzione mensile, mentre per gli operai retribuiti in misura oraria la festività deve essere pagata con la retribuzione di fatto rapportata alle ore d'effettivo lavoro e in pratica 6 ore e 40 minuti salvo sia disposto diversamente dal CCNL. Festività cadenti di sabato: per i dipendenti pagati in misura fissa in caso di settimana corta (5 giorni lavorativi) la retribuzione fissa già comprende la festività senza nuove quote aggiuntive, mentre per gli operai retribuiti in misura oraria valgono le regole per le festività infrasettimanali, 6 ore e 40 minuti invece per chi lavora 6 giorni alla settimana.
AGEVOLAZIONE ALL'ASSUNZIONE
Il nostro ordinamento prevede agevolazioni di natura contributiva e/o fiscale in diverse misure in favore dei datori di lavoro che assumono personale, secondo la tipologia dei soggetti e delle condizioni d'assunzione. In riferimento al quesito di cui sopra, pur mancando alcuni degli elementi indispensabili per formulare una risposta specifica, (durata e tipologia contrattuale dei lavori svolti, anni in cui è stata svolta l’attività lavorativa, se è titolare di trattamento di disoccupazione o se è iscritta nelle liste di mobilità) di seguito si ritiene utile indicare alcune delle suddette agevolazioni che probabilmente possono soddisfare la lettrice che ha posto il quesito. Assunzione di disoccupati di lunga durata: secondo l’art. 8, c. 9 l. 407/1990, in caso d'assunzione con contratto a tempo indeterminato, non per sostituzioni di lavoratori licenziati e sospesi, di soggetti disoccupati da almeno 24 mesi o in trattamento di CIGS da almeno 24 mesi, i datori di lavoro hanno diritto ad una riduzione del 50% dei contributi assistenziali e previdenziali per 36 mesi e del 100% per le imprese del mezzogiorno. Assunzione di lavoratori iscritti nelle liste di mobilità - per quanto disposto dall’art. 8 e 25, l. 223/91, i datori di lavoro che assumono lavoratori iscritti nelle liste di mobilità hanno diritto al pagamento agevolato dei contributi Inps in misura del 10% anziché l'aliquota consueta prevista per il proprio settore d'inquadramento per: - massimo di 12 mesi nel caso d'assunzione a tempo determinato; - ulteriori 12 mesi se il contratto è trasformato a tempo indeterminato, in aggiunta (solo per i contratti a tempo pieno) al 50% per ogni mensilità, dell’indennità di mobilità che sarebbe spettata al lavoratore per un massimo di 12 mesi, elevato a 24 per i lavoratori con più di 50 anni; - 18 mesi in caso di contratto a tempo indeterminato in aggiunta al contributo di cui al precedente punto per la medesima durata. Assunzione a tempo indeterminato di donne e giovani under 35: secondo quanto disposto dal recente decreto legge c.d. Monti (201 del 06 dicembre 2011, legge di conversione 214/2011) a partire dal 2012 si potrà dedurre dal reddito d'impresa un importo pari all’Irap pagata e determinata in base alle spese del personale. Dallo stesso periodo, per i lavoratori d'età inferiore a 35 anni e per i lavoratori di sesso femminile, assunti a tempo indeterminato, la deduzione ai fini irap passa da 4.600 euro a 10.600 euro l’anno e a 15.200 nelle aree svantaggiate.
Associazione in partecipazione (con apporto di solo lavoro)
L’associazione in partecipazione, è il contratto tipico con cui un imprenditore associante attribuisce all’associato una partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari verso il corrispettivo di un determinato apporto. (art. 2549 c.c.).
È pacificamente riconosciuto che l’apporto dell’associato può essere della più varia natura, patrimoniale o anche personale, e può anche consistere in una attività lavorativa a favore dell’imprenditore associante.
Si tratta quindi di un contratto di scambio, essenzialmente caratterizzato dall’aleatorietà della quota di utili attribuita all’associato in cambio del suo apporto, che a seconda dei risultati della gestione, potrebbe anche risultare nulla (anzi, salvo patto contrario, l’associato partecipa anche alle perdite dell’impresa, nella stessa misura in cui partecipa agli utili) (art. 2553 c.c.).
La qualificazione del rapporto data dalle parti (“forma”, non può essere vincolante per il giudice, ma è solo uno degli elementi da prendere in considerazione, per verificare la genuinità del contratto, in quanto il successivo comportamento concretamente tenuto dalle parti (“sostanza”) potrebbe esprimere una diversa volontà effettiva o un successivo mutamento della originaria volontà contrattuale. (Cass. n. 1420/02). Il Giudice, quindi, deve rifarsi al criterio di prevalenza, che esige un’approfondita indagine sulle concrete modalità di attuazione del rapporto, volta a cogliere la prevalenza degli elementi caratterizzanti l’uno o l’altro contratto, tenendo conto che il rapporto di associazione in partecipazione implica il diritto al rendiconto e l’assunzione di un rischio d’impresa in capo all’associato, mentre il rapporto di lavoro subordinato è fondamentalmente caratterizzato dalla soggezione del lavoratore al vincolo di subordinazione, il quale è più ampio del generico potere dell’associante di impartire direttive e istruzioni all’associato.
Sintesi procedura: 1) Stipula contratto di Associazione in Partecipazione con apporto di solo lavoro; 2) Registrazione contratto presso Agenzia delle Entrate (pagamento F23); 3) Comunicazione al Centro per l’Impiego (entro il giorno antecedente l’inizio della prestazione); 4) Assicurare l’Associato presso l’INAIL; 5) Iscrizione alla Gestione Separata; 6) Annualmente consegnare il rendiconto aziendale; 7) Predisporre Libro Unico per eventuale compenso.
Periodo di prova
Ancora oggi si sente dire “sono in prova da…” oppure “il tale è in prova”. Può essere quindi utile rammentare gli aspetti principali di questo istituto. Il lavoratore “in prova” è un dipendente a tutti gli effetti, con gli stessi diritti (economici e normativi) e gli stessi doveri di tutti gli altri. Disciplinato dall’art 2096 del Codice Civile, il patto di prova è una specifica clausola che datore di lavoro e lavoratore possono scegliere di prevedere ed in tal caso il periodo di prova dovrà risultare da atto scritto. Non esiste, quindi, un “lavoratore in prova” senza che prima sia stato stipulato un patto di prova firmato dalle parti in data antecedente e/o contestuale all’assunzione. Tale clausola, di norma, è direttamente inserita nel contratto individuale di lavoro (o lettera di assunzione). Lo scopo del periodo di prova è di consentire alle parti (datore di lavoro e lavoratore), per un periodo di tempo ben definito (previsto dal CCNL applicabile al rapporto di lavoro), l’interruzione del contratto anche senza obbligo di preavviso. Durante il periodo di prova la parte che volesse interrompere il contratto di lavoro è, quindi, libera di recedere dal contratto in qualunque momento ma sarà tenuta a darne immediata comunicazione alla controparte. Il codice civile prevede che possa essere pattuito un periodo minimo del patto di prova prima della cui scadenza sia vietata l’interruzione del contratto di lavoro. Secondo la giurisprudenza la clausola del patto di prova dovrà inoltre riferirsi alla mansione alla quale sarà adibito il lavoratore (è comunque possibile fare riferimento alle mansioni riportate nel contratto individuale o nazionale purché chiare e specifiche).
COLF / Badanti
Colf e Badante sono termini diversi che identificano differenti compiti e mansioni anche se dal punto di vista normativo e degli Istituti (INPS INAIL etc.) non ci sono differenze.. Con il termine Colf generalmente si vuole intendere il soggetto che attiene ai servizi domestici ovvero al funzionamento della vita familiare in tutte le sue forme; mentre il termine Badante è rivolto principalmente alla sfera dell’“assistenza” a soggetti che necessitano di attenzioni particolari (di norma anziani e/o disabili). Molto brevemente vogliamo ricordare i punti più importanti che Colf/Badante e Datore di Lavoro domestico dovrebbero conoscere. Per gestire una colf/badante, al meglio, sarebbe opportuno, almeno nelle prime fasi, rivolgersi ad esperti del settore (Consulenti del Lavoro - CDL, Associazioni di Categoria, Sindacati dei lavoratori, etc.) che possano assistere e consigliare sia il datore di lavoro che il prestatore di lavoro. Deve essere chiaro da subito, infatti, che il lavoro domestico di Colf e Badanti è a tutti gli effetti un lavoro subordinato. Dal 01 aprile 2011 è infatti obbligatorio assumere colf/badanti con modalità On-Line e conseguentemente anche tutte le comunicazioni di variazione, cessazione, etc. dovranno passare per il canale telematico del sito INPS (www.INPS.it). Tale comunicazione ha valore anche per agli altri Istituti interessati. Mentre l’assunzione deve essere comunicata 24 ore prima dell’inizio del rapporto di lavoro, le variazioni, cessazioni etc. devono essere comunicate nei 5 giorni successivi al loro verificarsi. In merito al contratto tra le parti (datore di lavoro e Colf/Badante) si consiglia di stipulare il contratto di lavoro in forma scritta, quantomeno per comprovarne l’esistenza; senza prima aver siglato il contratto di lavoro (ed averlo preventivamente denunciato) non esiste la cosiddetta “prova” o “periodo di prova”. In caso contrario si tratta di “lavoro nero”. Il contratto scritto tutela inoltre sia la Colf/Badante che il datore di lavoro poiché disciplina le modalità di svolgimento della prestazione lavorativa. A fronte della prestazione di lavoro domestico, in ottemperanza ai Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro, deve essere predisposto anche un “prospetto paga” (c.d. Busta paga). Si rende opportuno che tale prospetto riporti altresì la suddivisione giornaliera delle ore lavorate al fine di evidenziare lo svolgimento reale della prestazione per cui è stata pagata la retribuzione; il prospetto di paga dovrà, quindi, essere consegnato al lavoratore che firmerà per ricevuta dell’importo e (sarebbe opportuno) per conferma dell’orario effettivamente svolto. Entro la fine di febbraio (stante l’attuale normativa) dovrà, altresì, essere predisposta la dichiarazione annuale riepilogativa delle retribuzioni pagate nell’anno (una sorta di mod. CUD) al fine di consentire al lavoratore di adempiere all’obbligo di predisporre la dichiarazione dei redditi (fatti salvi i casi di esonero). I contributi relativi al lavoro domestico devono essere versati obbligatoriamente con modello MAV che viene spedito direttamente dall’INPS, precompilato, a seguito della comunicazione di assunzione. Nell’eventualità si renda necessario variare il calcolo dell’Istituto, sarà necessario collegarsi al sito web dell’INPS e variare autonomamente la compilazione del MAV quindi ristamparlo. La data di pagamenti è trimestrale e le scadenze sono il 10/04-10/07-10/10-10/01; una copia del pagamento dovrà essere consegnata al lavoratore. Da ultimo è bene ricordare che in caso di convivenza (ospitalità) con il lavoratore straniero, il datore di lavoro domestico dovrà darne specifica comunicazione, entro 48 ore, all’Autorità di Pubblica Sicurezza del proprio Comune.
CONTRIBUTO FORMAZIONE CONTINUA
Già dal 2003, con la creazione dei primi fondi paritetici interprofessionali, le azienda hanno la possibilità di formare gratuitamente il loro personale dipendente secondo quanto previsto dalla legge 388/2000. Nell’ottica del legislatore i benefici sono molteplici, una maggiore professionalità del personale consente alle imprese di migliorarsi ed anche di porsi sul mercato in modo maggiormente competitivo. La formazione, peraltro, stimola anche il lavoratore che può veder crescere le proprie competenze. Il lavoratore formato potrà quindi trovare più spazi nel mercato del lavoro. L’adesione al fondo rappresenta un vantaggio per l’azienda, perché senza oneri aggiuntivi può organizzare corsi di formazione per il personale dipendente. L’attività dei fondi è quella di sostenere economicamente lo sviluppo della professionalità delle risorse umane. Il contributo che finanzia tali fondi, che ad oggi coprono tutti i settori economici, viene versato mensilmente all’INPS. Tutte le aziende con dipendenti, infatti, già pagano la quota dello 0,30% calcolato sulle retribuzioni lorde dei propri dipendenti (contributo obbligatorio DS per la disoccupazione involontaria) al momento del versamento dei contributi mensili. L’adesione al fondo non rappresenta quindi un costo, bensì un vantaggio per l’azienda, perché senza oneri aggiuntivi può, se ne fosse interessata, organizzare corsi di formazione per il personale dipendente oppure aderire gratuitamente a corsi organizzati da terzi e sovvenzionati dai fondi interprofessionali. L’attività dei fondi è quella di sostenere economicamente lo sviluppo della professionalità delle risorse umane nell’ottica di sviluppare. Oltre a finanziare, i piani formativi aziendali e/o territoriali, con le modifiche dell’art 48 legge 289/02, i Fondi Interprofessionali potranno finanziare anche piani formativi individuali, ed altre attività propedeutiche o comunque connesse alle iniziative formative. Come Aderire: L’adesione ai Fondi non comporta alcun costo né per l’azienda né per i lavoratori. Per aderire, è sufficiente indicare nella denuncia UNIEMENS (ex DM/10), obbligatoria da gennaio 2010, il codice di adesione del fondo “XXXX” (ogni fondo ha un codice identificativo specifico) nella sezione Posizione Contributiva, Denuncia Aziendale, Fondo Interprofessionale, Adesione e a seguire scrivere il numero dei dipendenti (quadri, impiegati e operai) interessati dall’obbligo contributivo. Per le Aziende provenienti da altri Fondi è necessario indicare prima il codice di revoca “REVO” e poi il codice di adesione.. Le Aziende del settore Agricolo possono aderire attraverso il modello trimestrale DMAG selezionando “FORTE” nella sezione dei Fondi Interprofessionali.”
L’INDENNITA' DI TRASFERTA E LA RELATIVA IMPOSIZIONE FISCALE E PREVIDENZIALE
Occorre preliminarmente definire cosa si intenda per indennità di trasferta; tale indennità è riconosciuta, di solito giornalmente, al lavoratore che svolge attività lavorativa presso luoghi diversi rispetto alla sede di lavoro indicata nel contratto individuale. E’ importante sottolineare il fatto che, lo svolgere l’attività lavorativa in luogo diverso rispetto alla sede, deve essere una condizione temporanea al fine di evitare la qualifica di lavoratore cosiddetto trasfertista che ha un trattamento particolare, non oggetto del presente articolo. L’indennità di trasferta ha natura risarcitoria ed infatti risarcisce il disagio del lavoratore che deve temporaneamente prestare il proprio lavoro in luogo diverso rispetto alla sede stabilita dalle parti; da questo aspetto discende il fatto che tale indennità gode di determinate esenzioni fiscali e previdenziali non essendo, fino a certi limiti di importi, considerata reddito. Infatti, le indennità percepite per le trasferte fuori dal territorio comunale concorrono a formare il reddito, e la base imponibile da assoggettare a contribuzione previdenziale, limitatamente alla parte eccedente l’importo di € 46,48 al giorno; per le trasferte all’estero tale “franchigia” è aumentata ad € 77,47. Questo comporta che, nel caso in cui il datore di lavoro riconosca al dipendente una indennità di trasferta superiore a tali importi, soltanto la differenza sarà assoggettata al prelievo fiscale e previdenziale; ad esempio, nel caso in cui il datore di lavoro riconosca al lavoratore un’indennità di trasferta pari ad € 60 per una trasferta in Italia, ma fuori dal territorio comunale in cui è posta la sede lavorativa, essa sarà assoggettata a imposizione fiscale e previdenziale limitatamente all’importo di € 13,52. Se il datore di lavoro, oltre al riconoscimento dell’indennità di trasferta, rimborsa al lavoratore il vitto o l’alloggio oppure, il vitto o l’alloggio è fornito da terzi gratuitamente, la franchigia appena detta viene ridotta rispettivamente ad € 30,98 per le trasferte fuori dal comune e ad € 51,64 per le trasferte all’estero. Le franchigie subiscono una ulteriore riduzione, rispettivamente ad € 15,49 e € 25,82, nel caso in cui vengano rimborsate sia le spese di alloggio che quelle di vitto. Quindi le indennità di trasferta, eventualmente riconosciute per trasferte all’interno del territorio comunale nel quale è posta la sede lavorativa, sono invece soggette a prelievo fiscale e previdenziale; fanno eccezione i rimborsi delle spese di trasporto che devono essere comprovati da documenti emessi dal vettore. Infine, nel caso in cui il datore di lavoro rimborsi al lavoratore, in trasferta fuori dal territorio comunale, anche eventuali altre spese quali ad esempio il parcheggio e il telefono, oltre alle spese di viaggio, trasporto, vitto e alloggio, su tali rimborsi analitici, attestati dal dipendente, è prevista una esenzione fino ad importo massimo di € 15,49 al giorno aumentato a € 25,82 per le trasferte all’estero. Ai fini fiscali e previdenziali, tali rimborsi analitici, per espressa previsione normativa possono, nei limiti degli importi anzidetti, anche non essere documentati.
PATTO DI NON CONCORRENZA
Nozione: Il patto di non concorrenza si configura come un contratto a titolo oneroso e a prestazioni corrispettive in virtù del quale il datore di lavoro si obbliga a corrispondere una somma di denaro al lavoratore, in cambio del divieto di svolgere attività concorrenziale per il tempo successivo alla cessazione del rapporto di lavoro. Tale accordo può essere raggiunto in qualsiasi momento dello svolgimento del rapporto.
A pena di nullità, il patto di non concorrenza deve: • essere stipulato in forma scritta; • stabilire un vincolo contenuto entro determinati limiti di oggetto, luogo e tempo; • prevedere un corrispettivo a favore del lavoratore.
Il patto può riguardare una qualsiasi attività lavorativa che possa competere con quella del datore di lavoro e non deve quindi limitarsi alle sole mansioni svolte nel corso del rapporto. Esso non può essere talmente ampio da impedire al lavoratore di esplicare la propria professionalità al punta da compromettere ogni potenzialità reddituale. La valutazione della congruità del luogo entro cui è vietata l’attività è in stretto collegamento con l’oggetto: se il lavoratore in funzione della propria professionalità riesce a svolgere un’attività lecita anche in un ambito spaziale molto ampio (ad es. Stato Italiano), il patto è valido. Il limite temporale massimo di durata di un patto di non concorrenza è di tre anni (cinque per i dirigenti), che decorrono dal primo giorno successivo alla cessazione dell’attività lavorativa. Il corrispettivo deve essere congruo, cioè proporzionato all’obbligo imposto al lavoratore. La legge non stabilisce né la forma del corrispettivo, né le modalità di erogazione. Pertanto per la giurisprudenza può essere erogato durante lo svolgimento del rapporto, alla fine, oppure anche successivamente.
Le somme corrisposte a titolo di patto di non concorrenza concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente. Nel caso in cui il corrispettivo venga elargito al termine del rapporto di lavoro, l’imposta sarà determinata con il sistema della tassazione separata. Qualora il compenso venga considerato retribuzione (e quindi erogato mensilmente in aggiunta alla normale retribuzione) l’imposta di applicherà con il sistema della tassazione ordinaria.
Il patto di non concorrenza è equiparabile ad un contratto e, pertanto, può essere sciolto solo con il consenso di entrambe le parti, a meno che non sia stata prevista, in sede di stipulazione, la facoltà di recesso unilaterale del datore di lavoro (in tal caso solo prima della cessazione del rapporto).
RIFORMA DEL LAVORO AGGRAVIO BUROCRATICO PER LE DIMISSIONI
L’art. 55 del Disegno di Legge riforma del lavoro che ha iniziato l'iter parlamentare in questi giorni, prevede sostanziali novità in materia di cessazione del rapporto di lavoro dipendente per causa dimissioni da parte del lavoratore e anche per risoluzione consensuale del rapporto. La prima riguarda la previsione di una sanzione amministrativa per il datore di lavoro che abusa delle cosiddette “dimissioni in bianco”, quelle in pratica firmate in anticipo dal lavoratore, a volte addirittura al momento della sottoscrizione del contratto individuale d'assunzione. La seconda novità prevede un aggravio burocratico per la generalità dei lavoratori che intendono dimettersi, provocando ancora una volta un sovraccarico di procedure e aumento di costi per la generalità dei datori di lavoro. I nuovi metodi previsti per le dimissioni si differenziano secondo la situazione. DIMISSIONI PER LA GENERALITA’ DEI LAVORATORI. La riforma che ha iniziato l’iter parlamentare da alcuni giorni, prevede, infatti, che per la generalità dei lavoratori, l’efficacia sia delle dimissioni, sia della risoluzione consensuale, è condizionata alla convalida da effettuare presso la Direzione territoriale del lavoro o il Centro per l’impiego territorialmente competenti. L’alternativa a detta convalida sarà la sottoscrizione d'apposita dichiarazione del lavoratore apposta in calce alla ricevuta di trasmissione della comunicazione di cessazione del rapporto di lavoro. Il datore di lavoro che riceve le dimissioni, quindi, provvede all’ordinaria comunicazione telematica di cessazione al centro impiego ed entro 30 giorni (a pena di nullità) invita il lavoratore alla sottoscrizione della suddetta comunicazione. Il lavoratore ha 7 giorni dal ricevimento dell’invito per sottoscrivere la comunicazione e chiudere il rapporto. Negli stessi 7 giorni può, invece, non fare nulla e per silenzio assenso le dimissioni saranno valide, oppure può contestarle offrendo le proprie prestazioni lavorative. Una procedura che comporta sicuramente un aggravio di costi soprattutto in termini di gestione della pratica e un allungamento dei termini di definizione della cessazione del rapporto. DIMISSIONI PER LE LAVORATRICI IN GRAVIDANZA E PERIODO PROTETTO. Diverse modalità sono previste per le lavoratrici in gravidanza o per i lavoratori in periodo protetto. La risoluzione consensuale o la richiesta di dimissioni presentate dalla lavoratrice, durante il periodo di gravidanza e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante i primi tre anni di vita del bambino o nei primi tre anni d'accoglienza del minore adottato o in affidamento devono essere convalidate dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro competente per territorio. L’efficacia della risoluzione del rapporto è condizionata a detta convalida.
QUESITO
Desidererei sapere se è lecito (conforme alla normativa vigente in materia di lavoro e fisco) lavorare con partita iva presso una società di professionisti in modo continuativo, cioè come un dipendente dal lunedi al venerdi, con scrivania e pc, senza però percepire contributi, tfr, ferie, malattia e senza essere pagato durante il periodo estivo per la chiusura della stessa società. Se la risposta dovesse essere negativa, cosa è possibile chiedere a titolo di risarcimento specialmente dopo essere stati liquidati, dall'oggi al domani, senza neanchè avere ricevuto un grazie per le prestazioni eseguite per loro conto per molti anni?
In linea di principio il caso è complesso e si presta a diverse interpretazioni. Ogni situazione deve essere analizzata nel dettaglio, caso per caso, in quanto l’argomento è ampio, e i confini tra una fattispecie e l’altra sono molto sottili. Folta, infatti, è la giurisprudenza del caso. Con il contratto di lavoro subordinato (art. 2094 c.c.) il lavoratore si obbliga in cambio di una retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore. L’elemento qualificante del rapporto è la subordinazione intesa quale assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e gerarchico del datore di lavoro. I maggiori indicatori della condizione di lavoro subordinato sono: - inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale (assenza di organizzazione imprenditoriale in capo al lavoratore e assoggettamento di quest’ultimo al potere gerarchico del datore di lavoro); - esecuzione del lavoro con materiali ed attrezzature del datore di lavoro; - presenza di direttive tecniche e di poteri di controllo e disciplinari; - assunzione del rischio d’impresa da parte del datore di lavoro; - pagamento a scadenze periodiche della retribuzione; - osservanza di un orario di lavoro; - continuità temporale della prestazione. Nel tempo le sentenze hanno peraltro ampliato tali elementi qualificanti,anche se nessuno di questi indici, da solo è idoneo a costituire elemento distintivo tra lavoro autonomo e subordinato. Per esempio recentemente la Corte di Cassazione (sentenza n° 17833 del 30/08/2011) è intervenuta negando la possibilità di configurare come un rapporto di lavoro subordinato una collaborazione di durata trentennale, nonostante questa collaborazione fosse svolta con un orario prestabilito e una durata media settimanale di 24 ore, con compenso fisso, senza rischio d’impresa per la lavoratrice e vista la corrispondenza tra le ferie della stessa e la chiusura aziendale, basandosi su una serie di fattori, quali il rifiuto della lavoratrice di svolgere alcune prestazioni, l’assenza dall’azienda in alcune giornate dedite ad altra attività professionale personale, libertà di partecipare o meno alle riunioni con i dipendenti dove erano impartiti ordini e direttive emodulazione dell’orario di lavoro anche in base alle esigenze personali della lavoratrice. .
Nel caso specifico della domanda si evince l'apertura della partita iva, e, si immagina, anche l’assolvimento di tutti gli obblighi conseguenti (versamenti dell’ IVA, l’aver elaborato ed inoltrato la propria dichiarazione dei redditi come impresa/autonomo “per molti anni”), tutti atti "volontari" che implicano ed esplicitano, se non una volontà, quanto meno la consapevolezza di operare come autonomo; In conclusione però non risulta possibile per mancanza di elementi , esprimere un giudizio in merito alla liceità del rapporto, né tanto meno quantificare un eventuale danno per il lavoratore.
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